sabato 15 settembre 2012

37 - IL PASTORE E LA NINFA











Quella che segue è una storia millenaria, per questo raccontata
da tante fonti con combinazioni diverse. Ho cercato di metterle
assieme, per creare una storia unica.
Un lavoro che ho fatto alcuni decenni fa.
Vorrei però che l'attenzione fosse posta su come la natura sia
sempre presente in ogni riga di questi racconti. Di come
la Natura sia l'involucro di queste storie e di come i luoghi
di biosfera siano indicati come luoghi ideali di convivenza tra
mito e realtà.
Non so cosa sia successo, ma ad un certo punto l'uomo ha
abbandonato queste religioni, per abbracciare il credo
del portafoglio.


Forse non avete mai sentito parlare di Selenno e Argira.
Uno che abbia raccontato come siano andate veramente le cose,
quì in Arcadia, non si è ancora sentito.
Condizione necessaria per raccontare una storia come questa è quella
di essere stato testimone. Per questo eccomi quì, io c'ero.
Sono un vecchio salice, battezzato dagli studiosi di Botanica con il nome
di Salix Babilonica a causa delle mie origini orientali,
ma sono noto agli uomini con il nome di salice piangente.
Mia madre non vuole che usiate questo nome; nei luoghi di biosfera
nessuno deve piangere.
Conocevo bene quel pastorello, egli conduceva il suo gregge fino al limite
del bosco poi si sdraiava ai miei piedi e dava libero sfogo ai suoi pensieri
e fantasie. Fluenti e copiosi riccioli d'oro gli coprivano il viso così che
sembrava dormisse.


Il richiamo di un corno lontano non lo distraeva dai suoi pensieri,
ne il belato dei più giovani dei suoi armenti attirava la sua attenzione.
Il volo a noi incomprensibile delle farfalle,
i disegni della rugiada sulle ragnatele,
il profumo del muschio;
questi erano i fenomeni che lo catturavano.
Eh si, Selenno era il vero figlio della natura.
Solo a Novembre, periodo in cui figliavano le pecore e Febbraio
periodo in cui figliavano le capre, attendeva al suo gregge.
Per il resto delle stagioni, si ritirava in solitudine ai piedi del salice.
Egli rifuggiva gli altri uomini, nè lo interessavano le loro usanze e i loro
riti dedicati a Dionisio. Sentiva che erano manifestazioni oramai
appartenenti a religioni del passato.


L'amore, era ciò che stava cercando Selenno.
Cercava di immaginare come poteva essere l'amante dei suoi sogni.
Sapeva che sarebbe stata molto bella;
bella come una Hera Callimorpha,
pura come la goccia della rugiada sulla ragnatela
e profumata come il muschio.
Non restava che aspettare, ma l'impazienza bruciava come i falò
accesi dai contadini durante il solstizio d'inverno.
Finchè un giorno un fruscio, proveniente dalla radura, lo destò.
Fra i carrubi e i mandorli, lui la vide. Anzi, gli apparve.
Lei correva, danzando in un turbinio tra i capelli ondeggianti
e le braccia distese, quasi a rappresentare il movimnto del cosmo.
E fu così che Selenno e Argira nascosti dalle cortine di un Salix
Babilonica, si conobbero e si amarono, sempre ma non per sempre.


Argira figlia di Zeus, era una ninfa e per questo; un essere immortale.
Il suo amore per Selenno durò fino a che questo era giovane, poi
con il passare del tempo egli perdette la bellezza e Argira spirito
dalla natura selvaggia, lo abbandonò.
Selenno sprofondato nella più cupa disperazione si mise alla ricerca
dell'amata. Non era raro a quei tempi incontrate un vecchio pastore
che vagava per i confini dell'Arcadia e che interrogava i viandanti
della pianura Tegea.
Tornato al salice che per anni lo vide felice, non potendo dimenticare
il perduto amore; si lascio morire per il dolore.
Afrodite, venuta a conoscenza di quella triste storia, si impietosì
a tal punto che trasformò Selenno in un fiume.
Il quale, riacquistato nuovo vigore, partì subito per i boschi alla
ricerca dell'amata.
Cercò tra anfratti, greti, sponde, ma di Argira nessuna traccia.
Si potevano udire i lamenti del fiume, le onde, le rapide,
i flutti emettevano voci di dolore mescolate al pianto.
E fù così che anzichè diventare fiume di nuova vita, Selenno
diventò il fiume del desiderio e della sofferenza.
Afrodite, che aveva deciso di prendersi cura dello sventurato
Selenno, intervenne una seconda volta e gli concesse di
dimenticare tutte le sue pene.


Selenno si trasformò così nel fiume della nuova vita.
E per questo, ancora oggi, tutti coloro che si bagnano in questo
fiume possono dimenticare le loro pene d'amore.

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